“Non sono stati gli schiaffi, forse a quelli mi ci ero abituata. E neppure le botte, la violenza, quel fare sempre quello che voleva lui. Io ho detto basta quando mi trascinava davanti allo specchio e mi urlava: 'Guardati, fai schifo, sei una nullità'. Ecco, il mio riscatto comincia da lì, non dalle botte ma dall'umiliazione...". La voce di donna arriva per telefono, sono le sette di sera, in lontananza i rumori di chi dovrà occuparsi della cena nella casa accoglienza del centro antiviolenza di Imola.
"Ci ho messo sette anni, sette anni di violenza davanti agli occhi dei miei figli. Poi quando ho detto basta è stato un basta deciso, difficile, drammatico, puoi immaginare cosa significa scappare via da casa tua sapendo che non la vedrai mai più, che non vedrai più le tue cose, e portare con te i bambini, piccoli, ma grandi abbastanza per avere i loro giochi e la loro camera... Ecco, è successo che un giorno, dopo sette anni, ho detto addio a tutto questo... e bentornata a me stessa".Un'altra voce di donna, questa volta "protetta" in uno dei quattro centri antiviolenza Differenza donna di Roma.
Qualche cifra dall’Italia (dati ISTAT):
quasi 7 milioni le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita;
5 milioni di donne hanno subito violenze sessuali (23,7%);
1milione e 150 mila di donne vittime in Italia negli ultimi dodici mesi di violenze e abusi, il 22% in più dell'anno scorso;
3 milioni 961mila violenze fisiche (18,8%). Capelli strappati, spinte, schiaffi, calci, pugni e persino morsi, violenze psicologiche: i partner sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate;
di quel 3,5% vittima di violenza sessuale, di quel 2,7che ha subìto violenza fisica e di quelle 74 mila stuprate o quasi, 180 sono morte per le violenze subìte (una ogni due giorni;
il 3,1,% delle donne fra i 15 e i 59 anni nel corso della vita lavorativa ha subito ricatti sessuali sul posto di lavoro per essere assunta, mantenere il posto o ottenere un avanzamento di carriera.
Il 69, 7% delle violenze avviene all'interno delle mura domestiche;
solo il 18,2% delle donne che ha subìto violenza in famiglia la considera un reato e solo il 7,2% la denuncia;
"Il potere di ricatto delle famiglie" - Bisogna soffermarsi su queste cifre prima di "entrare" nel centro Roberta Lanzino di Cosenza. "L'80 per cento delle nostre ospiti non è autonoma dal punto di vista economico e il ricatto che può fare la famiglia è tale che sei su dieci rinunciano ad arrivare fin da noi, a fare questo passo" racconta Antonella Veltri responsabile del centro. Una signora ha saltato cinque colloqui. Si è fatta viva la prima volta un anno fa. La non cultura mafiosa aggiunge violenza a violenza. "Il potere di ricatto delle famiglie è altissimo e tocca una gamma svariata, dalla solitudine all'infamia, dal 'non vedrai più i tuoi figli al 'nessuno al paese ti rivolgerà più la parola'". Una volta vinta la minaccia della famiglia, il passo successivo è "farsi credere": "Molte donne, prima di arrivare da noi per un colloquio, sono andate dal maresciallo disperate, gonfie, con i lividi, col referto medico, a una era stato sbattuto in testa l'oblò divelto dalla lavatrice... beh, si sono sentite rispondere 'Signora ci pensi bene, forse è meglio che si tenga suo marito...'". Nei centri si entra solo se c'è volontà di farlo "ma anche quando hanno trovato la forza di arrivare sin qua, il 10 per cento a un certo punto abbandona: la pressione da parte della famiglia o del marito è tale per cui non ce la fanno. Ci lasciano e di loro non sappiamo più nulla". Le altre, a cui la disperazione fa fare quello che non avrebbero mai immaginato - lasciare la famiglia - cominciano un faticosissimo ma meraviglioso viaggio "verso la consapevolezza, l'autostima, la propria autonomia. Il riscatto. Cerchiamo di insegnare loro un mestiere o di valorizzare quello che già sanno fare, troviamo una casa, una stanza, soprattutto le accompagniamo verso la separazione e il divorzio prima, il processo penale poi, un altro appuntamento a cui si arriva con molta difficoltà perché non ci sono pene per i mariti violenti".
Una ricerca dell'Universita' di Harvard di qualche anno fa rivelava che per le donne fra i 14 e i 44 anni la violenza e' la prima causa di morte e di invalidita', per cui si muore più di stupri e percosse che di cancro o di... guerra. Ma se alcune forme di violenza sessuale (stupri e molestie) sono riconosciute come un crimine dalla maggior parte dei sistemi legali, in molti Paesi lo stupro in famiglia non e' reato e solo 44 nazioni hanno una legislazione contro la violenza domestica.
Tuttavia molte di queste violenze e molestie si svolgono appunto in famiglia, ad opera di persone di cui la donna si fida. In particolare dalle ricerche internazionali e' emerso che anche nelle violenze sessuali su bambini, che spesso si consumano in casa o nel parentado, le femminucce sono colpite in misura almeno tripla dei maschietti.
Alcuni Paesi europei, come la Spagna, hanno un'altissima incidenza di violenze mortali o gravi sulle donne, che vengono violentate, strangolate, bruciate e gettate dalle finestre spesso dai propri stessi compagni. La legge contro la violenza sulle donne promossa dal governo Zapatero ha visto l'adesione di circa cento intellettuali uomini, che hanno voluto divulgare un manifesto con le ragioni del loro forte sostegno all'iniziativa.
Nella mite Svezia un giornale ha deciso di mobilitarsi contro la violenza consumata fra le mura domestiche, pubblicando nomi e foto di quanti vengono condannati per violenze contro le mogli, al fine di mettere in guardia le altre donne dal frequentarli.
In Italia la Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che anche costringere con la violenza la propria moglie ad un rapporto sessuale costituisce illecito mentre in Parlamento sono state presentate proposte di legge che istituiscono il reato di stalking, anche se ancora troppo pochi alcuni piccoli passi si stanno facendo anche nel nostro Paese.
Un post senza risate, commenti o inutile sarcasmo, solo dati e fatti riportati dai maggiori quotidiani e organi di informazione nella Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne indetta dall’ONU, la cui ricorrenza cadeva ieri, 25 novembre.
Una giornata in cui manifestazioni e eventi si sono sprecati (50.000 donne in corteo solo a Roma), una giornata per ricordare le molteplici vittime (Barbara Spaccino, incinta del terzo figlio, uccisa dal marito, Hina, la ragazza pakistana uccisa dal padre perché vestiva minigonne e non voleva il velo, poi Anna, Paola violentata a Torre del Lago, Sara stuprata a Torino da un amico, Carla a Bologna, Giuseppina stuprata e uccisa in Turchia durante un viaggio verso la Palestina vestita da sposa per postare la pace e anche Mez, la studentessa inglese sgozzata in camera da letto a Perugia ancora non si sa da chi), un giorno per affermare e riaffermare il diritto di ogni donna di essere l’unica padrona della propria cita, contro la violenza e in nome della propria autodifesa.
Una ricorrenza quasi dovuta a tutte le donne vittime effettive o potenziali nella giornata che ricorda quanto avvenuto il 25 novembre del 1960, quando furono violentate ed uccise le sorelle Mirabal, paladine della lotta di liberazione della Repubblica Dominicana dalla dittatura, ma pur sempre una sola giornata, a fronte di 365 giorni all’anno di soprusi e violenze fisiche, sessuali, verbali e psicologiche che colpiscono in ogni parte del mondo donne di ogni età e statu per mano di uomini grandi come coriandoli.
Indignatevi donne, ribellatevi, reagite, denunciate e non dimenticate.
In memoria di tutte coloro che non ce l’hanno fatta e che non ne hanno avuto il coraggio
26.11.08
LA MATTANZA
Etichette: donne, riscatto, sbloggy, sbloggygirl, violenza
Pubblicato da M.A. alle mercoledì, novembre 26, 2008
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1 commenti:
Onore al merito. Ottimo post.
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